1 Testimoni di Geova
di Malnate
SALA DEL REGNO DEI TESTIMONI DI GEOVA
Via De Salvo, 3 Malnate
     
   

 

Contributo dei Testimoni di Geova al Giorno della Memoria
La persecuzione nazista dei Testimoni di Geova

 

La rimozione di fatti dolorosi dalla memoria è uno dei meccanismi di autodifesa della mente umana. Tentare di applicare lo stesso procedimento di rimozione alla Storia risulterebbe senza dubbio dannoso e distruttivo. Con l’obiettivo di non dimenticare un periodo storico terribile e il dolore patito a causa di ideologie aberranti, è stato istituito il “Giorno della Memoria”. Questa ricorrenza sottolinea l’importanza di ricordare ogni tipo di discriminazione, anche quelle sofferte da alcune minoranze: tra queste la persecuzione nazista dei testimoni di Geova.

La burocrazia dello sterminio promossa dal regime nazista non aveva a che fare tanto con esseri umani, quanto con categorie. E queste nei campi si distinguevano per i triangoli e le stelle di vari colori. Così, com’è noto, la categoria degli ebrei aveva la stella gialla, quella dei politici un triangolo rosso (con indicazione della nazione di provenienza), i delinquenti erano contrassegnati dal triangolo verde, gli omosessuali da quello rosa, i rom e i sinti (definiti zingari) da uno marrone, e così via per un totale di 8-9 categorie, una delle quali era quella dei testimoni di Geova, riconoscibili nei campi dal triangolo viola che indossavano.

Per un’unica categoria, per meglio dire, per un unico gruppo, le ragioni che giustificavano l’internamento erano di ordine esclusivamente religioso. Era proprio questo a rendere così peculiare la presenza di questa comunità relativamente piccola all’interno del sistema concentrazionario. Si trattava dei testimoni di Geova. Quando i nazisti salirono al potere nel 1933, i poco più di 20.000 Testimoni tedeschi furono immediatamente presi di mira quali nemici dello Stato per il loro rifiuto di sostenere l’ideologia nazista imperniata sull’odio. Quasi 10.000 Testimoni infine avrebbero sofferto nelle prigioni o nei campi nazisti, dove 2.000 di loro trovarono la morte.

Pur scrupolosi nell’osservare le leggi, i Testimoni non prendevano parte alle questioni politiche e soprattutto alle guerre. Dal loro credo religioso discendevano una serie di comportamenti quotidiani che si scontravano con l’ideologia totalizzante del nazismo: il rifiuto di imbracciare le armi innanzitutto e di lavorare per l’industria bellica, il rifiuto di idolatrare il führer o la svastica, il rifiuto di aderire al partito nazista, nonché l’imparzialità con cui diffondevano il messaggio evangelico non facendo distinzioni tra etnie e razze. Quella dei Testimoni fu la prima associazione religiosa ad essere proscritta nella Germania nazista già nella primavera del 1933, e tra i primi internati c’erano appunto i Testimoni, la cui presenza nei campi è documentabile almeno sin dal 1934. I comportamenti che scaturivano dal proprio credo religioso erano seguiti dai Testimoni con coerenza e scrupolo, come hanno messo in luce anche diversi studiosi. Wolfgang Sofsky, sociologo tedesco, ha fatto notare: “Le SS attribuivano a questi detenuti [testimoni di Geova] un’influenza maggiore di quella che in realtà avevano. Per molti anni essi vennero perseguitati assai duramente a causa del loro coerente atteggiamento di resistenza passiva: per rompere la loro solidarietà si decise di sparpagliarli in blocchi diversi, ma poi si dovette fare marcia indietro quando ci si accorse del pericolo rappresentato dal loro attivismo «missionario» all’interno delle camerate. […] la resistenza passiva dei testimoni di Geova era rivolta soltanto contro quegli ordini che erano inconciliabili con le loro concezioni religiose”. Inoltre, proprio in virtù delle motivazioni della loro detenzione, ogni Testimone aveva la possibilità di uscire in qualsiasi momento dai campi semplicemente firmando un apposito documento di abiura.

Si può fondatamente asserire che i Testimoni siano stati tra i primi a denunciare le crudeltà che avvenivano nei campi di concentramento, rivelando non solo le torture che venivano inflitte ai loro confratelli in Germania, ma anche le sofferenze patite da tanti altri gruppi di internati o singoli individui. Lo si rileva dalle loro stesse pubblicazioni. I primi campi di concentramento furono aperti all’inizio del 1933, proprio all’indomani dell’ascesa al potere di Hitler. E già a metà del 1933 i testimoni di Geova non esitarono a informare l’opinione pubblica di ciò che erano venuti a sapere. Coraggiosamente e andando contro corrente, nell’agosto 1933 la rivista Golden Age (pubblicata dai testimoni di Geova), ad esempio, riportava la corrispondenza di un giornalista, Frederick Birchall, tesa a sottolineare le barbarie perpetrate nei campi di concentramento nazisti.

Numerosi furono gli articoli apparsi nel successivo decennio su questo periodico (dal 1937 edito con il nome di Consolazione e dal 1946 noto come Svegliatevi!), volti a informare l’opinione pubblica di ciò che stava avvenendo ad opera del regime nazista. "Soluzione finale” era un’espressione ancora ignota ai più, quando i testimoni di Geova denunciavano lo spietato sterminio degli ebrei da parte dei nazisti e quanto era successo in Polonia tra la fine del 1939 e l’inizio del 1940.

Inoltre, Franz Zürcher, un Testimone svizzero, documentò e denunciò vari casi di persecuzione e trattamento inumano nei confronti di suoi confratelli, raccogliendoli in un libro dal significativo titolo "Crociata contro il cristianesimo” (Kreuzzug gegen das Christentum), pubblicato in tedesco a Zurigo nel 1938, e l’anno dopo in francese a Parigi. Quelle pagine turbarono profondamente, per sua stessa ammissione, lo scrittore Thomas Mann che spiegò in una lettera: "Non posso descrivere il sentimento misto di disprezzo e di orrore che mi ha colto sfogliando queste testimonianze di una bassezza umana ineguagliabile e di una crudeltà inqualificabile. Le parole non riescono a descrivere l’abiezione della mentalità che è rivelata da queste pagine che ci raccontano le orribili sofferenze di vittime innocenti fermamente attaccate alla loro fede. Vorremmo tacere di fronte a ciò che è impossibile qualificare, ma la nostra coscienza non ci rimprovererebbe forse questo silenzio?”

La storia dei testimoni di Geova nella Germania nazista è dunque singolare per varie ragioni: (1) I Testimoni potevano scegliere: diversamente da altri prigionieri, ciascun Testimone avrebbe riottenuto la libertà semplicemente firmando un atto di abiura della propria fede religiosa. (2) I Testimoni furono l’unico gruppo religioso a prendere una posizione coerente contro il regime nazista. Per questo nei campi di concentramento erano l’unico gruppo religioso riconoscibile da uno specifico simbolo sull’uniforme, il triangolo viola. (3) I Testimoni, infine, denunciarono apertamente e sugli stampati che diffondevano le barbarie naziste, e per questo la Gestapo e le SS profusero un impegno spropositato nel vano tentativo di annientare questo gruppo relativamente piccolo.

A un convegno sull’Olocausto tenuto nel settembre del 1994 presso il Museo dell’Olocausto di Washington, uno storico britannico, la professoressa Christine King, ha detto: "I testimoni di Geova ebbero il coraggio di parlare. Parlarono chiaro fin dall’inizio. Parlarono con una sola voce. E parlarono con enorme coraggio, il che è una lezione per tutti noi”.

 

 

Bibliografia

F. Zürcher, Kreuzzug gegen das Christentum, Zurigo 1938.

C. King, Jehovah’s Witnesses under Nazism, in A Mosaic of Victims. Non-Jews Persecuted and Murdered by the Nazis, a c. di M. Berenbaum, New York 1990.

L. Tristan, S. Graffard, I Bibelforscher e il nazismo (1933-1945), Parigi 1994.

D. Garbe, Between Resistance and Martyrdom. Jehovah’s Witnesses during the “Third Reich”, Conferenza, Museo dell’Olocausto di Washington, 29 settembre 1994.

W. Sofsky, L’ordine del terrore, Bari-Roma 1995.

F. Peradotto, Un’esperienza da ricordare, in Religiosi nei lager, a cura di F. Cereja, Milano 1999.

 

 

 
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